Carne di “Frankenstein” o carne pulita?

Abstract 

Nell’ultimo periodo si sente parlare assiduamente di carne sintetica, in particolare in seguito allo stop alla produzione e commercializzazione di tale alimento da parte del Consiglio dei Ministri. 

In realtà le ricerche per la produzione di carne sintetica risalgono a decenni fa: negli anni novanta, il ricercatore e imprenditore olandese Willem van Eelen raccolse fondi per la ricerca da investitori privati, ottenendo il primo brevetto per una carne pulita. 

In seguito convinse il governo olandese a finanziare un consorzio di scienziati interessati a portare avanti il lavoro. Questo portò Mark Post, un biologo vascolare dell’Università di Maastricht, a presentare al mondo nel 2013 il primo hamburger coltivato in laboratorio, al costo di 250.000 dollari.

Produzione della carne coltivata

Si parla impropriamente di “carne sintetica” o addirittura “carne di Frankenstein”, in quanto la sua produzione non prevede sintesi chimica che avviene al di fuori degli organismi viventi; potremmo piuttosto parlare di “carne in vitro”, “carne coltivata”, “carne coltivata in laboratorio”, dato che quest’ultima viene prodotta estraendo, tramite biopsia, le cellule staminali dai muscoli di animali adulti viventi (bovini, maiali, polli, pesci) o cellule staminali pluripotenti da embrioni animali. 

Successivamente le cellule vengono trasferite all’interno di bioreattori, dove vengono fatte proliferare fino a raggiungere la concentrazione desiderata. Quando le cellule si sono riprodotte, grazie alla presenza di un siero di origine animale o vegetale, vengono distribuite su degli stampi tridimensionali chiamati “scaffold” per stimolare la differenziazione in tessuti connettivi, muscolari o adiposi. Il siero maggiormente funzionale è quello fetale di bovino, ma in questo modo viene meno l’obiettivo di rimpiazzare i prodotti animali convenzionali. Indi per cui sono attualmente in fase di sviluppo alternative che prevedono l’utilizzo di cianobatteri, alghe, lieviti e funghi, i quali però risultano meno efficienti in termini di sopravvivenza e crescita cellulare.

Si sta sviluppando una particolare attenzione nei confronti delle cellule di pesce, le quali non necessitano di una temperatura di 37 °C per proliferare, ma è sufficiente la temperatura ambiente, motivo per il quale viene meno anche il bisogno di utilizzare i bioreattori e quindi vi è un consumo minore di energia.

Da quando Post e colleghi hanno svelato l’hamburger a base di fibre di cellule bovine, sono stati dimostrati vari tipi di carne coltivata. Tuttavia, la bistecca coltivata con una composizione e una struttura simile alla vera bistecca, comprendente principalmente cellule adipose e cellule muscolari allineate, è ancora una sfida.

A questo proposito potrebbero essere applicate varie tecniche di ingegneria dei tessuti, come l’ingegneria dei fogli cellulari, l’ingegneria delle fibre cellulari, la coltura cellulare su un’impalcatura stampata in 3D e la stampa cellulare 3D.

In particolare, è degna di nota una tecnica di stampa 3D assistita da bagno (SBP) di supporto in cui l’inchiostro viene erogato all’interno di un gel o una sospensione con tissotropia.

Pro e contro di tale tecnologia: impatto ambientale

Questa tecnologia di coltivazione in vitro potrebbe offrire nuovi mezzi per controllare la composizione della carne e renderla più salutare, ad esempio il contenuto di grasso potrebbe essere fissato ai livelli raccomandati, i grassi insaturi potrebbero essere sostituiti con i più salutari omega-3 e si potrebbero includere ingredienti aggiuntivi come le vitamine.

La carne artificiale non è così dipendente dall’uso di antibiotici e steroidi, come la carne da allevamento intensivo, perché cresce in condizioni sterili a partire da animali sani. Si registra infatti una diminuzione del 95% nell’impiego di acqua, energia e antibiotici. Questo risulta essere un enorme vantaggio, poiché nell’ultimo periodo si sta sviluppando sempre di più l’antibiotico resistenza, dovuta all’assuefazione da principi attivi assunti sia con la dieta (carne,pesce,formaggi) che con l’uso eccessivo degli antibiotici stessi.

Adottare più rigide procedure di controllo durante il processo di produzione potrebbe, inoltre, favorire una diminuzione delle malattie zoonotiche(rabbia, malattia di Lyme, leptospirosi, antrace, SARS, MERS) legate alla produzione di cibo.

Occorre inoltre ricordare che l’allevamento di animali da macello è responsabile, da solo, del 14,5% del totale di tutte le emissioni di gas a effetto serra di origine antropica, oltre a utilizzare circa il 20% delle terre emerse come pascolo e il 40% dei terreni coltivati per la produzione di mangimi.

Tuttavia, uno studio del 2019 pubblicato su Frontiers in Sustainable Food Systems, ha dimostrato che le emissioni di CO2, potrebbero risultare ancora più pesanti, in termini climatici, di quella di carne tradizionale, che produce accanto alla CO2, anche metano e protossido di azoto (derivanti dai processi digestivi e dalla decomposizione del letame animale). Anche se il metano ha un impatto climalterante immediato maggiore rispetto alla CO2, esso si dissipa nel giro di 12 anni, mentre la CO2 si accumula e permane per millenni. 

Indubbi sono invece i benefici per gli animali: il processo ridurrebbe drasticamente la necessità di macellazione, perché basterebbe allevare pochi animali sani per fornire le cellule staminali necessarie; difatti possiamo considerare tale tecnologia “cruelty free”.

Possiamo considerare il suo consumo sicuro?

Ad oggi la carne coltivata fa parte dei Novel Food, ovvero alimenti che non sono stati consumati in misura significativa dagli esseri umani nell’UE prima del 15 maggio 1997, quando è entrato in vigore il primo regolamento sui nuovi alimenti. Pertanto devono sottostare ad un’autorizzazione, per valutarne la sicurezza prima dell’immissione in commercio. In questo modo si ottiene un prodotto sicuro, che abbia superato i test di tossicologia, che sia correttamente etichettato e nel caso in cui sostituisca un altro alimento, non deve essere meno nutriente.

Di conseguenza potremo considerare il consumo della carne in vitro indubbiamente sicuro, nel momento in cui sarà approvata la sua commercializzazione dall’EFSA (European Food Safety Authority). 

Coltivare la carne potrà avere ricadute in campo medico?

Al CIBIO, dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata dell’Università di Trento, un gruppo di scienziati sta studiando la carne coltivata, ricreando i meccanismi di crescita cellulare che si hanno fisiologicamente durante lo sviluppo dell’animale, al di fuori dell’animale stesso. 

In futuro sarà possibile non solo produrre bistecche e polpette a partire da cellule staminali, ma anche organi e tessuti, per poi trapiantarli. Ad esempio, in seguito ad un incidente, dove si può avere la perdita di una parte del tessuto muscolare, ricorrere a tale tecnologia potrebbe offrire un’alternativa valida, efficace e rapida ai normali metodi già applicati.

In questo modo anche in Italia sarà possibile condurre una ricerca, come quella condotta dal team coordinato da Takebe, del Cincinnati Children’s Hospital Medical Center, riguardante l’impiego di cellule staminali pluripotenti indotte. A partire da queste si sono ottenuti due ammassi sferici, o sferoidi che inseriti all’interno di un gel contenente i nutrienti adatti alla loro crescita, hanno dato luogo ad una parte dell’apparato digerente.

Conclusioni:

A seguito di un questionario ideato da noi in cui abbiamo domandato un’opinione in merito alla questione “carne artificiale”, al fine di valutarla anche da un punto di vista sociale, si è dedotto che la maggior parte delle persone sono predisposte ad accogliere questa nuova tecnologia. Nello specifico alcune di queste hanno affermato che il modello attuale di produzione alimentare, in particolare di carne, non è più sostenibile per un pianeta, per una popolazione in continua crescita e che sta attraversando una crisi climatica. Come conseguenza dell’aumento della popolazione mondiale, l’industria alimentare non sarà, in futuro, in grado di soddisfare l’eccessiva richiesta di carne. 

Al contrario coloro che sono sfavorevoli allo sviluppo di questa nuova tecnologia  hanno motivato la loro opinione affermando che sarebbe controproducente per gli allevatori di allevamenti intensivi e simili. Altri, invece, non consideravano a priori la possibilità di provare in tavola qualcosa nato in laboratorio, come conseguenza di una diffidenza nei confronti di quello che hanno definito come un prodotto “artificiale”.

In virtù di ciò è necessario individuare tutte le possibili soluzioni che possono apportare vantaggi e benefici all’ambiente, al benessere degli animali e alla salute umana, al fine di garantire un futuro sostenibile ed ecologico.

Autore: Agata Colucci

Sitografia:

  • Kang, DH., Louis, F., Liu, H. et al. Engineered whole cut meat-like tissue by the assembly of cell fibers using tendon-gel integrated bioprinting. Nat Commun 12, 5059 (2021). https://doi.org/10.1038/s41467-021-25236-9
  • Koike, H., Iwasawa, K., Ouchi, R. et al. Modelling human hepato-biliary-pancreatic organogenesis from the foregut–midgut boundary. Nature 574, 112–116 (2019). https://doi.org/10.1038/s41586-019-1598-0 

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